IL PELLEGRINAGGIO ISLAMICO
I mussulmani fanno risalire le origini del pellegrinaggio, così come esso è descritto, al profeta Abramo, o Ibrahim, in arabo. Secondo il Corano, è stato Abramo che insieme al figlio Ismaele, costruì la Ka'aba, la "casa di Dio", punto focale verso cui i mussulmani volgono il viso e la mente durante le cinque preghiere quotidiane. E' da Abramo (Khalil Allah, l'amico di dio) che derivano i riti del pellegrinaggio, i quali ricordano le pratiche della sua vita, di quelle di Agar e del loro figlio Ismaele. Il pellegrinaggio alla Mecca (o a Medina) è un obbligo che incombe su ogni mussulmano adulto, uomo o donna, una volta nella vita, purché lo permettano la sua salute ed i mezzi finanziari. Non vi è obbligo per i bambini, anche se è permesso loro di accompagnare i genitori. Il pellegrino prima di partire deve riparare il male commesso, o per lo meno astenersi da esso, deve pagare tutti i suoi debiti e possedere i mezzi per sostenere sé ed eventualmente la famiglia durante il periodo. Oggigiorno migliaia di credenti arrivano da 70 nazioni diverse in Arabia Saudita, in un viaggio che, per terra, per mare o aria, è incommensurabilmente più breve che nel passato ma che, non per questo, è meno affascinante. Fino al 19esimo secolo arrivare alla Mecca significava essere aggregati ad una carovana. Vi erano tre principali carovane: quella egiziana, che si raggruppava al Cairo; quella irachena, a Bagdad; quella Siriana che dopo il 1453 si raggruppava ad Istambul e raccoglieva pellegrini lungo tutto il tragitto e si dirigeva alla Mecca via Damasco. La purificazione dell'anima attuata lungo il cammino con la preghiera comune e la meditazione una volta giunto alla meta.

Ḥajj (Arabo حَجّ) è il pellegrinaggio islamico canonico a La Mecca e nelle sue prossimità. Esso costituisce il quinto dei pilastri dell'Islam (arkān al-Islām). Il ḥajj - la cui radice trilittera <ḥ-ǧ-ǧ-> significava originariamente "dirigersi verso" - obbliga ogni fedele che ne abbia le possibilità fisiche ed economiche a compiere, almeno una volta nella vita, i riti che compongono il ḥajj.
Espressione della specifica e sentita intenzione (niyya) di adempiere al rito legale che si sta per compiere.
Assunzione dell'iḥrām, o "purità rituale", stato di "purità maggiore" conseguibile col ghuṣl, un lavacro completo del corpo, in grado di far conseguire la indispensabile ṭahāra.
Settuplice circumambulazione in senso antiorario della Kaʿba. Preghiera islamica di 2 rakʿa, davanti al sacro edificio come pure al Maqām Ibrāhīm, formazione rocciosa usata da Abramo/Ibrāhīm per riedificare la Kaʿba dopo il Diluvio Universale, aiutato in ciò dal figlio Ismaele/Ismāʿīl. Settuplice marcia (saʿy) tra Safa e Marwa, a partire dalla prima collinetta, in ricordo dell'affannosa ricerca di acqua per sé e il figlio Ismāʿīl della madre Hāgar, poi miracolosamente scaturita dalla fonte di Zemzem.
(8 dhū l-hijja) Yawm al-tarwiya, o "giorno dello straripamento". Spostamento dalla Mecca in direzione di Mina, a Sud della Città Santa. La notte viene trascorsa dal pellegrino qui o nella pianura di ʿArafāt.
(9 dhū l-ḥijja) Stazione (wuqūf) di ʿArafāt, dove sorge la collinetta del Jabal al-Raḥma (il Monte della Misericordia), luogo d'eccellenza per la sosta che si interrompe con la ifāda, repentina messa in movimento verso Muzdalifa dove sono adempiute le ṣalāt del tramonto e della sera.
(10 dhū l-ḥijja) Giorno del sacrificio (Yawm al-nahr o al-aḍḥā) a Mina. In questa occasione una vittima animale viene immolata a Dio per poi distribuirne ai vicini le carni consumandone una parte.
(10 dhū l-ḥijja) Lancio di 7 sassolini (ramī al-jimār), raccolti tra Mina e Muzdalifa, contro una delle 3 steli (preferita quella intermedia) che rappresentano il diavolo. Il rito commemora un episodio in cui il Diavolo (Shayṭān, Iblīs) fu cacciato a pietrate da Abramo/Ibrāhīm perché tentava il Patriarca/profeta a non obbedire all'ordine divino di immolare il figlio (v'è discordanza nelle tradizioni islamiche, se si trattasse cioè di Isacco/Isḥāq oppure Ismaele/Ismāʿīl).
Rasatura (o accorciamento per le donne) della capigliatura (khalkh) e fine dello stato di purità rituale.
Ritorno a Mecca per un ṭawāf di saluto alla Kaʿba ricoperta dalla sua nuova kiswa annuale. Tale circumambulazione è chiamata ṭawāf al-ifāda.
(11-13 dhū l-ḥijja) "Giorni della gioia" (ayyām al-tashrīq) con scambi di visite e pasti conviviali. In tali giorni è vietato digiunare. Il rito della lapidazione può essere reiterato più volte, fino al lancio massimo di 70 pietruzze.
Tutta la cerimonia è antichissima ma in gran parte fu conservata dall'Islam, pur se adattata (i musulmani pensano che si tratti di un recupero dopo l'oblio dei tempi e le malizie dell'uomo) alle nuove finalità di un culto da dedicare al Dio Uno e Unico che nel Corano è chiamato Allāh.
Il ḥajj va obbligatoriamente compiuto nel mese lunare di Dhū l-Ḥijja, ultimo mese dell'anno islamico. In tutti gli altri mesi il rito è chiamato ʿumra, pellegrinaggio "minore" non obbligatorio che si differenzia dal ḥajj per la sua minor durata e per i suoi diversi e più semplici passaggi liturgici.
La giurisprudenza islamica permette a chi ne sia impedito fisicamente ma ne abbia la possibilità economica di delegare qualcun altro all'assolvimento dell'obbligo religioso, i cui vantaggi spirituali saranno lucrati da chi abbia provveduto al pagamento del viaggio e al mantenimento sul posto della persona incaricata. È anche possibile lasciare appositi fondi in eredità perché il rito sia compiuto in nome e a vantaggio del defunto.
Particolare è l'abbigliamento del pellegrino, che si raccomanda usi solo due pezze di stoffa non cucite di color bianco, una per cingersi i fianchi (chiamata izar) e l'altra per coprire il tronco e la spalla sinistra, ma lasciando libero il braccio destro (rida'). Le donne sono invece del tutto coperte.
Chiunque abbia adempiuto all'obbligo del ḥajj acquista un merito particolare e una ottima nomea agli occhi dei correligionari. Ha diritto talora a indossare un copricapo particolare che ricordi l'assolvimento dell'obbligo ed è insignito del titolo onorifico di Ḥājjī (pellegrino del ḥajj).
Da molti anni le autorità saudite hanno fissato alla cifra approssimativa di 2 milioni il numero di pellegrini autorizzati ad adempiere al ḥajj (con l'eccezione del 2012 in cui la cifra ha superato le 3.161.000 presenze) e dal 2013 hanno stabilito che non si possa richiedere il permesso di compiere il Pellegrinaggio maggiore per più di una volta in un quinquennio.
Espressione della specifica e sentita intenzione (niyya) di adempiere al rito legale che si sta per compiere.
Assunzione dell'iḥrām, o "purità rituale", stato di "purità maggiore" conseguibile col ghuṣl, un lavacro completo del corpo, in grado di far conseguire la indispensabile ṭahāra.
Settuplice circumambulazione in senso antiorario della Kaʿba. Preghiera islamica di 2 rakʿa, davanti al sacro edificio come pure al Maqām Ibrāhīm, formazione rocciosa usata da Abramo/Ibrāhīm per riedificare la Kaʿba dopo il Diluvio Universale, aiutato in ciò dal figlio Ismaele/Ismāʿīl. Settuplice marcia (saʿy) tra Safa e Marwa, a partire dalla prima collinetta, in ricordo dell'affannosa ricerca di acqua per sé e il figlio Ismāʿīl della madre Hāgar, poi miracolosamente scaturita dalla fonte di Zemzem.
(8 dhū l-hijja) Yawm al-tarwiya, o "giorno dello straripamento". Spostamento dalla Mecca in direzione di Mina, a Sud della Città Santa. La notte viene trascorsa dal pellegrino qui o nella pianura di ʿArafāt.
(9 dhū l-ḥijja) Stazione (wuqūf) di ʿArafāt, dove sorge la collinetta del Jabal al-Raḥma (il Monte della Misericordia), luogo d'eccellenza per la sosta che si interrompe con la ifāda, repentina messa in movimento verso Muzdalifa dove sono adempiute le ṣalāt del tramonto e della sera.
(10 dhū l-ḥijja) Giorno del sacrificio (Yawm al-nahr o al-aḍḥā) a Mina. In questa occasione una vittima animale viene immolata a Dio per poi distribuirne ai vicini le carni consumandone una parte.
(10 dhū l-ḥijja) Lancio di 7 sassolini (ramī al-jimār), raccolti tra Mina e Muzdalifa, contro una delle 3 steli (preferita quella intermedia) che rappresentano il diavolo. Il rito commemora un episodio in cui il Diavolo (Shayṭān, Iblīs) fu cacciato a pietrate da Abramo/Ibrāhīm perché tentava il Patriarca/profeta a non obbedire all'ordine divino di immolare il figlio (v'è discordanza nelle tradizioni islamiche, se si trattasse cioè di Isacco/Isḥāq oppure Ismaele/Ismāʿīl).
Rasatura (o accorciamento per le donne) della capigliatura (khalkh) e fine dello stato di purità rituale.
Ritorno a Mecca per un ṭawāf di saluto alla Kaʿba ricoperta dalla sua nuova kiswa annuale. Tale circumambulazione è chiamata ṭawāf al-ifāda.
(11-13 dhū l-ḥijja) "Giorni della gioia" (ayyām al-tashrīq) con scambi di visite e pasti conviviali. In tali giorni è vietato digiunare. Il rito della lapidazione può essere reiterato più volte, fino al lancio massimo di 70 pietruzze.
Tutta la cerimonia è antichissima ma in gran parte fu conservata dall'Islam, pur se adattata (i musulmani pensano che si tratti di un recupero dopo l'oblio dei tempi e le malizie dell'uomo) alle nuove finalità di un culto da dedicare al Dio Uno e Unico che nel Corano è chiamato Allāh.
Il ḥajj va obbligatoriamente compiuto nel mese lunare di Dhū l-Ḥijja, ultimo mese dell'anno islamico. In tutti gli altri mesi il rito è chiamato ʿumra, pellegrinaggio "minore" non obbligatorio che si differenzia dal ḥajj per la sua minor durata e per i suoi diversi e più semplici passaggi liturgici.
La giurisprudenza islamica permette a chi ne sia impedito fisicamente ma ne abbia la possibilità economica di delegare qualcun altro all'assolvimento dell'obbligo religioso, i cui vantaggi spirituali saranno lucrati da chi abbia provveduto al pagamento del viaggio e al mantenimento sul posto della persona incaricata. È anche possibile lasciare appositi fondi in eredità perché il rito sia compiuto in nome e a vantaggio del defunto.
Particolare è l'abbigliamento del pellegrino, che si raccomanda usi solo due pezze di stoffa non cucite di color bianco, una per cingersi i fianchi (chiamata izar) e l'altra per coprire il tronco e la spalla sinistra, ma lasciando libero il braccio destro (rida'). Le donne sono invece del tutto coperte.
Chiunque abbia adempiuto all'obbligo del ḥajj acquista un merito particolare e una ottima nomea agli occhi dei correligionari. Ha diritto talora a indossare un copricapo particolare che ricordi l'assolvimento dell'obbligo ed è insignito del titolo onorifico di Ḥājjī (pellegrino del ḥajj).
Da molti anni le autorità saudite hanno fissato alla cifra approssimativa di 2 milioni il numero di pellegrini autorizzati ad adempiere al ḥajj (con l'eccezione del 2012 in cui la cifra ha superato le 3.161.000 presenze) e dal 2013 hanno stabilito che non si possa richiedere il permesso di compiere il Pellegrinaggio maggiore per più di una volta in un quinquennio.
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