ALIMENTAZIONE EBRAICA: LA KASHERUT

LA KASHERUT
Il piacere della tavola ben preparata e imbandita, intorno alla quale si ritrovano tutti i membri della famiglia, ogni sabato o in occasione delle principali festività, è una tradizione rimasta intatta nel tempo. Le diverse abitudini culinarie ebraiche utilizzano gli ingredienti delle cucine locali adattando le ricette alle norme ebraiche. La preparazione dei cibi infatti deve rispondere ad alcune regole molto ferree perché essi siano "kasher", cioè idonei, adatti. Si tratta spesso di ricette che utilizzano ingredienti poveri e di stagione.
L’articolo seguente è tratto da: Un minuto di ebraismo: Le leggi alimentari ebraiche (casherut)
http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=135
La casherut è l’insieme delle regole alimentari del giudaismo, cioè le prescrizioni di origine biblica su quello che gli Ebrei possono mangiare o meno e in quali condizioni. Queste leggi riguardano soprattutto il consumo di prodotti di origine animale. Secondo la Bibbia, l’uomo è fondamentalmente vegetariano. Le regole alimentari si avvicinano a questo ideale.
Gli animali autorizzati al consumo devono essere ruminanti ed avere lo zoccolo spaccato (questo esclude quindi il maiale che ha lo zoccolo spaccato ma non rumina, il cammello che rumina ma non ha lo zoccolo spaccato, il coniglio, il cavallo).
Tra gli animali autorizzati, la Torah menziona il bue, la pecora, la capra, il capriolo e i volatili. Tutti gli animali autorizzati sono erbivori.
I pesci autorizzati al consumo devono avere pinne e squame (ciò che escludono i frutti di mare, l’anguilla, il caviale).
La maggior parte degli insetti sono vietati ed anche i rettili.
Le leggi trattano anche del modo in cui gli animali devono essere uccisi. Il metodo di macellazione tradizionale (chehita in ebraico) è applicato da una persona qualificata, chiamata “chohet”. Assicura per prima che l’animale sia in buona salute. Taglia rapidamente il collo dell’animale di un gesto sicuro. La macellazione deve essere rapida e la morte segue dopo qualche secondo. L’animale è dopo svuotato dal suo sangue. Il consumo di sangue è vietato nel giudaismo perché simboleggia la vita.
Bisogna anche separare il consumo di prodotti a base di carne da quelli a base di latte secondo quanto scritto: “non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre” (Es. 23:19). Quindi ad esempio non si mangerà una carne in una salsa alla panna, non si metterà latte nel caffè dopo aver mangiato un piatto di carne. Il pesce, le verdure e la frutta possono essere mangiati con prodotti a base di latte o la carne.
Fonte: CICAD
L’articolo seguente: “Quando lo stomaco influenza la mente e il cuore” è stato tratto da: http://www.romaebraica.it/tag/alimentazione-ebraica/
Esiste un rapporto strettissimo tra alimentazione e spiritualità. L’uomo dovrebbe adottare una dieta con poca carne, imparando a cibarsi in modo limitato e senza eccessi anche attraverso qualche digiuno
La fisica quantistica concorda con la Cabalà affermando che il cibo, oltre alle vitamine, proteine, minerali ed enzimi dei quali abbiamo bisogno, contiene anche qualcosa di più sottile: la sua componente energetica e spirituale che dipende tanto dalla qualità e dalla freschezza del cibo, quanto dallo stato d’animo di chi l’ha preparato e di chi l’ha mangiato.
Secondo la Cabalà è compito dell’uomo mangiare con consapevolezza; solo in questo modo egli può riuscire da un lato a estrarre per il suo benessere il massimo livello di nutrimenti e dall’altro a ‘liberare le scintille di luce’ imprigionate nel cibo e dunque a elevare la materia stessa.
Kasherut, approfondimento
La normativa ebraica sul cibo è detta kasherut. L’aggettivo kasher o kosher, che significa adatto, conforme, opportuno, indica quei cibi che si possono consumare appunto perchè conformi alle regole; il contrario di kasher è taref. In origine questa parola indicava la carne degli animali uccisi da bestie predatrici; in seguito è passata ad indicare tutti quegli animali che, non macellati secondo le regole alimentari ebraiche, restano proibiti. Per estensione, nel linguaggio comune è definito taref qualsiasi cibo che non sia kosher.
La kasherut è sostanzialmente fondata sulla Torah e sull’interpretazione che di essa i rabbini hanno fornito. Quando D-o creò l’uomo, lo concepì originariamente come un essere vegetariano, pur se sovrano di tutti gli animali. In effetti, la normativa ebraica sul cibo è centrata sulla questione dell’alimentazione carnivora: se non fosse per il consumo di carni, in pratica non esisterebbe. La carne entra a far parte dei cibi concessi all’uomo solo dopo il Diluvio, con Noè.
La normativa ebraica sul cibo è centrata sulla questione dell’alimentazione della carne. Ecco le principali regole della kasherut che la riguardano, riassunte in pochi punti:
Distinzione tra animali permessi e proibiti.
Sono lecite le carni di quei quadrupedi che hanno l’unghia fessa e che ruminino (come il vitello, ma non il maiale o il coniglio). I volatili sono quasi tutti leciti, salvo i rapaci, proibiti probabilmente per il loro contatto con il sangue delle prede. Sono illeciti tutti quegli animali che strisciano o hanno contatto stretto con il suolo, come il topo, il serpente, le lucertole e gli insetti, tranne alcuni tipi di cavallette permessi in particolari zone. Per quanto riguarda gli animali acquatici, si possono mangiare tutti quelli che hanno pinne e squame: sono quindi proibiti i molluschi, i crostacei, i frutti di mare e i pesci di dubbia conformazione, come la coda di rospo, che non presenta squame, o l’anguilla.
Macellazione rituale degli animali permessi.
La cosiddetta shechitah. Colui che esercita il mestiere di macellaio rituale, lo schochet, deve avere la competenza per farlo, deve cioè conoscere approfonditamente le regole ed essere dotato della licenza fornita dai rabbini. La macellazione ebraica prevede uccisione dell’animale con un solo taglio alla gola eseguito con un coltello affilatissimo, in modo da provocarne l’immediata morte e il completo dissanguamento. Successivamente vengono esaminati gli organi interni dell’animale per controllare che non ci siano difetti o tracce di malattia che lo rendano impuro: questa operazione si chiama bediqat, controllo. Ogni animale non macellato secondo le regole è automaticamente impuro, illecito.
Divieto di consumare il sangue.
Oltre che testimone attraverso il sacrificio del patto tra D-o e il popolo d’Israele, il sangue contiene il segreto della vita ed è quindi patrimonio esclusiva del Creatore. Affinchè venga spurgato tutto il sangue rimasto dopo la macellazione rituale, sono prescritte la salatura delle carni, per non meno di venti minuti e non più di un’ora, e la scottatura del fegato.
Divieto di consumare alcune parti di grasso.
Un tempo queste parti erano riservate al culto al Tempio di Gerusalemme.
Divieto di mangiare il nervo sciatico.
Si vuole in questo modo ricordare l’episodio biblico di Giacobbe che uscì azzoppato dalla lotta con l’angelo. Dopo questo evento Giacobbe fu chiamato Israele, ovvero “colui che lotta con D-o”.
Divieto di mangiare parti tratte da animali vivi.
Divieto di mangiare un animale permesso e macellato ritualmente qualora presenti malattie o difetti fisici.
Divieto di mescolare carne e latticini nello stesso pasto.
La Torah in ben tre passi raccomanda di non cuocere “il capretto nel latte di sua madre”. Partendo da questa norma, la tradizione rabbinica ha proibito la commistione nello stesso pasto di latte (o dei suoi derivati) e carne di qualunque animale; per questo gli ebrei osservanti hanno due servizi di piatti e stoviglie diversi, scomparti distinti in frigorifero, addirittura lavelli, spugne e lavastoviglie separati.
Per quanto riguarda i latticini, ricordiamo che anche il formaggio deve essere kasher, e cioè sottoposto a controllo rabbinico per accertarsi che sia prodotto da caglio vegetale oppure di animale macellato secondo le regole.
Il vino kasher non richiede particolari procedure di preparazione o di invecchiamento, ma è stato semplicemente sorvegliato nel corso delle varie fasi di lavorazione, dalla spremitura all’imbottigliamento, per evitare il contatto con sostanze considerate impure.
Se, come abbiamo detto, la kasherut riguarda essenzialmente il consumo di carne, vi sono però alcune norme relative anche ai vegetali; così, ad esempio, in base all’idea che ogni primogenito appartenga al Signore, è proibito cibarsi del primo frutto di un nuovo albero.
Vi è un’altra regola assai complessa. Secondo la Torah l’uomo non possiede nulla definitivamente e la terra non è suo esclusivo patrimonio; proprio per ribadire questo, il corso degli anni, a immagine del ciclo settimanale composto di sei giorni lavorativi ed uno di riposo, prevede un anno sabbatico, in cui avviene la remissione dei debiti e la terra viene lasciata a riposo. Durante questo anno, detto di shemittah, gli ebrei osservanti badano a non far uso di vegetali coltivati da ebrei che non seguono questa regola; resta invece lecito ciò che viene prodotto su campi di proprietà non ebraica.
Bisogna infine rimarcare come agli ebrei sia fatto assoluto divieto di consumare sostanze che mettano in pericolo la salute e la vita.
Nella città di Roma ci sono molti ristoranti e attività dove si possono consumare pasti kasher e dove è possibile acquistare prodotti sotto la sorveglianza dei vari rabbinati, la città vive in questi ultimi anni un grandissima crescita, la scelta è molta, e spazia dalla cucina nordafricana a quella, più tipica, cucina giudaico-romanesca.
Mangiare Kasher è sempre più apprezzato anche da chi non è ebreo, per il legame con la vera cucina romana tradizionale e la qualità degli alimenti usati.
[Per chi fosse interessato ad una conoscenza più dettagliata della materia del cibo kosher, consigliamo il libro “Guida alle norme alimentari ebraiche” di Rav Riccardo Di Segni, un testo autorevole e in Italiano. Per conoscere gli ultimi aggiornamenti sugli alimenti permessi, consulta questo approfondimento ]
Il piacere della tavola ben preparata e imbandita, intorno alla quale si ritrovano tutti i membri della famiglia, ogni sabato o in occasione delle principali festività, è una tradizione rimasta intatta nel tempo. Le diverse abitudini culinarie ebraiche utilizzano gli ingredienti delle cucine locali adattando le ricette alle norme ebraiche. La preparazione dei cibi infatti deve rispondere ad alcune regole molto ferree perché essi siano "kasher", cioè idonei, adatti. Si tratta spesso di ricette che utilizzano ingredienti poveri e di stagione.
L’articolo seguente è tratto da: Un minuto di ebraismo: Le leggi alimentari ebraiche (casherut)
http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=135
La casherut è l’insieme delle regole alimentari del giudaismo, cioè le prescrizioni di origine biblica su quello che gli Ebrei possono mangiare o meno e in quali condizioni. Queste leggi riguardano soprattutto il consumo di prodotti di origine animale. Secondo la Bibbia, l’uomo è fondamentalmente vegetariano. Le regole alimentari si avvicinano a questo ideale.
Gli animali autorizzati al consumo devono essere ruminanti ed avere lo zoccolo spaccato (questo esclude quindi il maiale che ha lo zoccolo spaccato ma non rumina, il cammello che rumina ma non ha lo zoccolo spaccato, il coniglio, il cavallo).
Tra gli animali autorizzati, la Torah menziona il bue, la pecora, la capra, il capriolo e i volatili. Tutti gli animali autorizzati sono erbivori.
I pesci autorizzati al consumo devono avere pinne e squame (ciò che escludono i frutti di mare, l’anguilla, il caviale).
La maggior parte degli insetti sono vietati ed anche i rettili.
Le leggi trattano anche del modo in cui gli animali devono essere uccisi. Il metodo di macellazione tradizionale (chehita in ebraico) è applicato da una persona qualificata, chiamata “chohet”. Assicura per prima che l’animale sia in buona salute. Taglia rapidamente il collo dell’animale di un gesto sicuro. La macellazione deve essere rapida e la morte segue dopo qualche secondo. L’animale è dopo svuotato dal suo sangue. Il consumo di sangue è vietato nel giudaismo perché simboleggia la vita.
Bisogna anche separare il consumo di prodotti a base di carne da quelli a base di latte secondo quanto scritto: “non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre” (Es. 23:19). Quindi ad esempio non si mangerà una carne in una salsa alla panna, non si metterà latte nel caffè dopo aver mangiato un piatto di carne. Il pesce, le verdure e la frutta possono essere mangiati con prodotti a base di latte o la carne.
Fonte: CICAD
L’articolo seguente: “Quando lo stomaco influenza la mente e il cuore” è stato tratto da: http://www.romaebraica.it/tag/alimentazione-ebraica/
Esiste un rapporto strettissimo tra alimentazione e spiritualità. L’uomo dovrebbe adottare una dieta con poca carne, imparando a cibarsi in modo limitato e senza eccessi anche attraverso qualche digiuno
La fisica quantistica concorda con la Cabalà affermando che il cibo, oltre alle vitamine, proteine, minerali ed enzimi dei quali abbiamo bisogno, contiene anche qualcosa di più sottile: la sua componente energetica e spirituale che dipende tanto dalla qualità e dalla freschezza del cibo, quanto dallo stato d’animo di chi l’ha preparato e di chi l’ha mangiato.
Secondo la Cabalà è compito dell’uomo mangiare con consapevolezza; solo in questo modo egli può riuscire da un lato a estrarre per il suo benessere il massimo livello di nutrimenti e dall’altro a ‘liberare le scintille di luce’ imprigionate nel cibo e dunque a elevare la materia stessa.
Kasherut, approfondimento
La normativa ebraica sul cibo è detta kasherut. L’aggettivo kasher o kosher, che significa adatto, conforme, opportuno, indica quei cibi che si possono consumare appunto perchè conformi alle regole; il contrario di kasher è taref. In origine questa parola indicava la carne degli animali uccisi da bestie predatrici; in seguito è passata ad indicare tutti quegli animali che, non macellati secondo le regole alimentari ebraiche, restano proibiti. Per estensione, nel linguaggio comune è definito taref qualsiasi cibo che non sia kosher.
La kasherut è sostanzialmente fondata sulla Torah e sull’interpretazione che di essa i rabbini hanno fornito. Quando D-o creò l’uomo, lo concepì originariamente come un essere vegetariano, pur se sovrano di tutti gli animali. In effetti, la normativa ebraica sul cibo è centrata sulla questione dell’alimentazione carnivora: se non fosse per il consumo di carni, in pratica non esisterebbe. La carne entra a far parte dei cibi concessi all’uomo solo dopo il Diluvio, con Noè.
La normativa ebraica sul cibo è centrata sulla questione dell’alimentazione della carne. Ecco le principali regole della kasherut che la riguardano, riassunte in pochi punti:
Distinzione tra animali permessi e proibiti.
Sono lecite le carni di quei quadrupedi che hanno l’unghia fessa e che ruminino (come il vitello, ma non il maiale o il coniglio). I volatili sono quasi tutti leciti, salvo i rapaci, proibiti probabilmente per il loro contatto con il sangue delle prede. Sono illeciti tutti quegli animali che strisciano o hanno contatto stretto con il suolo, come il topo, il serpente, le lucertole e gli insetti, tranne alcuni tipi di cavallette permessi in particolari zone. Per quanto riguarda gli animali acquatici, si possono mangiare tutti quelli che hanno pinne e squame: sono quindi proibiti i molluschi, i crostacei, i frutti di mare e i pesci di dubbia conformazione, come la coda di rospo, che non presenta squame, o l’anguilla.
Macellazione rituale degli animali permessi.
La cosiddetta shechitah. Colui che esercita il mestiere di macellaio rituale, lo schochet, deve avere la competenza per farlo, deve cioè conoscere approfonditamente le regole ed essere dotato della licenza fornita dai rabbini. La macellazione ebraica prevede uccisione dell’animale con un solo taglio alla gola eseguito con un coltello affilatissimo, in modo da provocarne l’immediata morte e il completo dissanguamento. Successivamente vengono esaminati gli organi interni dell’animale per controllare che non ci siano difetti o tracce di malattia che lo rendano impuro: questa operazione si chiama bediqat, controllo. Ogni animale non macellato secondo le regole è automaticamente impuro, illecito.
Divieto di consumare il sangue.
Oltre che testimone attraverso il sacrificio del patto tra D-o e il popolo d’Israele, il sangue contiene il segreto della vita ed è quindi patrimonio esclusiva del Creatore. Affinchè venga spurgato tutto il sangue rimasto dopo la macellazione rituale, sono prescritte la salatura delle carni, per non meno di venti minuti e non più di un’ora, e la scottatura del fegato.
Divieto di consumare alcune parti di grasso.
Un tempo queste parti erano riservate al culto al Tempio di Gerusalemme.
Divieto di mangiare il nervo sciatico.
Si vuole in questo modo ricordare l’episodio biblico di Giacobbe che uscì azzoppato dalla lotta con l’angelo. Dopo questo evento Giacobbe fu chiamato Israele, ovvero “colui che lotta con D-o”.
Divieto di mangiare parti tratte da animali vivi.
Divieto di mangiare un animale permesso e macellato ritualmente qualora presenti malattie o difetti fisici.
Divieto di mescolare carne e latticini nello stesso pasto.
La Torah in ben tre passi raccomanda di non cuocere “il capretto nel latte di sua madre”. Partendo da questa norma, la tradizione rabbinica ha proibito la commistione nello stesso pasto di latte (o dei suoi derivati) e carne di qualunque animale; per questo gli ebrei osservanti hanno due servizi di piatti e stoviglie diversi, scomparti distinti in frigorifero, addirittura lavelli, spugne e lavastoviglie separati.
Per quanto riguarda i latticini, ricordiamo che anche il formaggio deve essere kasher, e cioè sottoposto a controllo rabbinico per accertarsi che sia prodotto da caglio vegetale oppure di animale macellato secondo le regole.
Il vino kasher non richiede particolari procedure di preparazione o di invecchiamento, ma è stato semplicemente sorvegliato nel corso delle varie fasi di lavorazione, dalla spremitura all’imbottigliamento, per evitare il contatto con sostanze considerate impure.
Se, come abbiamo detto, la kasherut riguarda essenzialmente il consumo di carne, vi sono però alcune norme relative anche ai vegetali; così, ad esempio, in base all’idea che ogni primogenito appartenga al Signore, è proibito cibarsi del primo frutto di un nuovo albero.
Vi è un’altra regola assai complessa. Secondo la Torah l’uomo non possiede nulla definitivamente e la terra non è suo esclusivo patrimonio; proprio per ribadire questo, il corso degli anni, a immagine del ciclo settimanale composto di sei giorni lavorativi ed uno di riposo, prevede un anno sabbatico, in cui avviene la remissione dei debiti e la terra viene lasciata a riposo. Durante questo anno, detto di shemittah, gli ebrei osservanti badano a non far uso di vegetali coltivati da ebrei che non seguono questa regola; resta invece lecito ciò che viene prodotto su campi di proprietà non ebraica.
Bisogna infine rimarcare come agli ebrei sia fatto assoluto divieto di consumare sostanze che mettano in pericolo la salute e la vita.
Nella città di Roma ci sono molti ristoranti e attività dove si possono consumare pasti kasher e dove è possibile acquistare prodotti sotto la sorveglianza dei vari rabbinati, la città vive in questi ultimi anni un grandissima crescita, la scelta è molta, e spazia dalla cucina nordafricana a quella, più tipica, cucina giudaico-romanesca.
Mangiare Kasher è sempre più apprezzato anche da chi non è ebreo, per il legame con la vera cucina romana tradizionale e la qualità degli alimenti usati.
[Per chi fosse interessato ad una conoscenza più dettagliata della materia del cibo kosher, consigliamo il libro “Guida alle norme alimentari ebraiche” di Rav Riccardo Di Segni, un testo autorevole e in Italiano. Per conoscere gli ultimi aggiornamenti sugli alimenti permessi, consulta questo approfondimento ]
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